Come sapete, un pezzetto alla volta mi sto costruendo la mia cassetta degli attrezzi. Oggi finalmente è arrivato il mio primo pialletto!
In inglese si chiama block plane. L’ho pagato 30€ come nuovo-usato, con l’intenzione di usarla come pialla da battaglia. Piccola e relativamente leggera, si può maneggiare comodamente con una mano sola e visto che l’ho pagata poco non mi preoccuperò ad usarla anche in situazioni “a rischio”, ad esempio in presenza di chiodi o viti.
Chi l’aveva comprata prima di me probabilmente non sapeva neanche come usarla, perché aveva praticamente solo qualche segno di usura sulla lama.
In generale però è buona norma quando si compra una pialla rettificarla. Soprattutto se non è una pialla da centinaia di euro, è possibile che la suola non sia perfettamente piana e che il ferro vada affilato.
Ho lisciato la suola passando la pialla su fogli di carta vetrata progressivamente più fina (80-150-320), avendo l’accortezza di posizionarla sopra una lastra di vetro per essere certo che fosse perfettamente in piano e lasciando ferro e seduta montati, con la lama ritratta ovviamente, per non cambiarne l’assetto finale.
Adesso mi manca ancora da affilare la lama, ma quella è un’altra storia.
Qui per la festa del papà è festa nazionale, perciò abbiamo tre giorni senza scuola.
Il museo è comunque aperto e ci sono quindi le guide e qualche carpentiere che lavorano. Complice anche il sole uscito oggi, il clima è però generalmente rilassato. Più rilassato del solito.
Oggi in pausa pranzo abbiamo fatto un gioco tipico: il toka.
Il gioco è semplice: si lanciano dei dischi di metallo contro una barra metallica posta al centro di una struttura di legno posta a distanza convenuta. Scopo del gioco è ovviamente colpire più volte possibile la barra con gli otto dischi che si hanno a disposizione.
L’occasione è buona per ripassare un po’ i numeri, che ho da poco fatto al corso di basco:
1- Bat 2- Bi 3- Hiru 4- Lau 5- Bost 6- Sei (Con la “E” chiusa, però: questo è facile!) 7- Zazpi 8- Zortzi
A Donostia c’è un posto che si chiama Tabakalera. È un vecchio edificio industriale, riconvertito a centro civico per attività culturali varie. In un futuro prossimo ci farò un post per spiegarlo bene, promesso.
A quanto pare martedì è affondata una nave cargo dell’armatore Grimaldi nel golfo di Biscaglia, dopo aver avuto un incendio a bordo.
Si trova al largo de La Rochelle e qui sono tutti all’erta per eventuali chiazze di carburante e petrolio che potrebbero essere trasportate dal vento verso la costa qua da noi.
Parlavo con Joseba del libro incomprensibile che ci ha fatto conoscere Jens, che purtroppo ha ben poche immagini (http://acquastanca.eu/2019/03/09/thomas-rajalin/) e mi ha passato un altro libro, quasi coetaneo, che al contrario ha praticamente solo disegni e un po’ di testo (per di più in castigliano e quindi relativamente facile da leggere).
Si tratta del Diccionario de Arquitectura Naval Antigua y Moderna di Juan José Navarro de Viana y Búfalo (1687-1772), primer Marqués de la Victoria, capitán general de la Real Armada.
Conosciuto anche come Álbum de Construcción Naval, è un trattato su tutto ciò che riguarda la costruzione navale, dal legno utilizzato, alle vele, gli armamenti, l’allestimento degli interni con tanto di rappresentazione dei paramenti sacri per il sacerdote di bordo e del mobilio per gli ufficiali, delle provviste da caricare e dalle stoviglie della cucina. Vengono raffigurati anche gli edifici dove si lavorano le varie parti, dalle corderie alle forge, dalle segherie alle tese dove vengono realizzate le ancore. Inoltre il buon marchese si prende la briga di disegnare anche tutti gli attrezzi utilizzati, dai chiodi, alle seghe, le asce, i girabacchini, le gru.
Davvero bello da sfogliare, ricorda un po’ le enciclopedie per bambini, quelle con solo immagini raggruppate per temi. Se volete qui si trova qualche informazione in più al riguardo, corredate da altre scansioni ma di bassa qualità (nonché la bibliografia completa del Marchese): http://www.armada.mde.es/museonaval/aplicaciones/coleccion-marques-victoria/#
La sorpresa è stata trovarci una gondola, quando parla delle varie barche del mondo:
Personaggio di gran lunga più interessante, Witsen fu sindaco di Amsterdam diverse volte, nonché amministratore della Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Fu cartografo, “antropologo” e mecenate, amico di Pietro il Grande e ovviamente esperto di marineria. https://en.wikipedia.org/wiki/Nicolaes_Witsen
Il mitico Jens (vedi l’articolo precedente http://acquastanca.eu/2019/03/09/windwagon/) ci ha spiegato che per gran parte del suo lavoro di archeologia sperimentale di ricostruzione di vele e cordame si è basato su un testo del 1730, scritto dall’ammiraglio Thomas Rajalin e con un titolo facile e intuitivo:
Nödig Underrättelse Om Skiepz-Byggeriet Och der utaf härflytande Högnödige och Siöwäsendet Samt Taklingen tilhörige Proportioner Efter Höga wederbörandes Befallning Beskrifwen på Swänska och med nödige Figurer förklarat
Da quello che ci ha raccontato è un peccato che non ci sia in giro una traduzione in inglese (almeno che io sappia). In pratica si tratta di un manuale pensato per essere rivolto ai maestri d’ascia che lavoravano per la flotta reale, con l’intento di standardizzare i materiali e i metodi di costruzioni delle navi.
Per un lettore moderno ci sono dei passaggi un po’ spiazzanti, perché è quasi tutto è spiegato senza immagini e senza usare nozioni teoriche e matematiche ma modi che fossero comprensibili a un costruttore di barche analfabeta del millesettecento. Tipo (esempio inventato): “per trovare l’inclinazione dell’albero maestro prendete uno spago che vada dalla chiglia alla sommità dell’albero, avvolgetelo tredici volte sull’albero stesso e avrete la distanza di dove dovrà cadere il filo a piombo che parte dalla cima dell’albero rispetto alla base. Tutto questo per evitare di dire cose tipo “un’inclinazione di tre gradi”.
Ci diceva che ovviamente a volte non è particolarmente chiaro a un lettore moderno, per esempio quando si riferisce ai diametri delle funi partendo dagli spaghi con cui vengono intrecciate, di cui però oggi non conosciamo la dimensione esatta (oltre alle difficoltà odierne che ci raccontava di reperire funi di canapa di qualità adeguata).
Se siete interessati a provare a leggerlo, ne ho trovata una parte trascritta (ma non tradotta) e la scansione in pdf in alta risoluzione da scaricare:
Ad Albaola arriva un mucchio di gente e la maggior parte di questa gente non ha tutte le rotelle a posto.
In questi giorni è passato di qui Jens, una vecchia conoscenza da queste parti, anche se io era la prima volta che lo incontravo. Ovviamente mi è piaciuto molto.
Trattasi di uno svedese che ha disegnato e costruito tutto l’armo e le manovre (vele e cime) dell’Hermione, replica dell’omonima fregata francese del 1779 che portò il generale Lafayette a supportare la rivoluzione americana in funzione anti-inglese. https://en.wikipedia.org/wiki/French_frigate_Hermione_(2014)
L’anno scorso è stata ospite del Festival del Mare di Pasaia e io me la sono persa per un soffio… mannaggia.
Verosimilmente si occuperà anche del San Juan (“Che lavoro fai?” “Mah, niente di che: studio e ricostruisco corde di canapa e vele di lino per repliche di imbarcazioni del diciasettesimo e diciottesimo secolo, usando tecniche e strumenti dell’epoca”).
Oggi dopo il lavoro ha tenuto una breve conferenza in cui ci ha mostrato un po’ di foto raccontandoci di questi due progetti. Più un terzo, quello del titolo.
Qualche anno fa Jens e i suoi amici hanno affrontato la crisi di mezza età decidendo di andare in un bosco in Svezia, abbattere degli alberi, costruirci un carro, metterci delle vele, infilarlo in un container, spedirlo in America e attraversarci il deserto salato del Nevada. Per andare al Burning Man, ovviamente. http://www.windwagonproject.se/
Metto qui il link al sito del festival per mia nonna che non sa che cos’è: https://burningman.org/
Dopotutto quando hai un maestro velaio e cordaio tra gli amici, che fai? Non ne approfitti?
Vorrei tanto poter fare un giro su quel coso…
Ovviamente mentre provavo a scrivere questo post mi sono perso via partendo dalla pagina di Wikipedia dedicata al landsailing (anche se mi piace di più dirtboating come termine): https://en.wikipedia.org/wiki/Land_sailing
Ho scoperto che ovviamente i cinesi ci erano arrivati ben prima di noi e che già sulle mappe di Mercatore si vedono carri a vela in Cina. Perfino John Milton in Paradise Lost (1667) scrive:
Chinese drive, with sails and wind, their cany waggons light
Chiudo con un articolo molto interessante e approfondito sul perché la versione cinese della carriola fosse per molti versi superiore a quella occidentale, con un ricco apparato iconografico nel caso sia venuta la scimmia anche a voi:
Uscito da lavoro sono andato a San Pedro a fare due passi, ragionando di raggiungere Donosti per vedere se era rimasto qualcuno in giro dalla manifestazione.
Lungo la strada però, ho incontrato un po’ di gente di Albaola che mi ha invitato a cenare con loro alla Sociedad. Aitor, uno dei carpentieri, è infatti membro della Piña Kurdin, una di queste associazioni tipicamente basche nate con finalità gastronomiche (https://en.wikipedia.org/wiki/Txoko).
Gruppi di amici affittano o addirittura comprano un locale (spesso un seminterrato o un piano terra) con bagno, cucina e tavolate e poi ne dividono le spese di gestione. Il socio paga una quota mensile e ha diritto di portare quanta gente “esterna” voglia, a patto di prenotare i tavoli onde evitare spiacevoli sovraffollamenti.
Il cibo si porta da fuori e si cucina direttamente lì, il bere invece è a disposizione e basta tenere conto di ciò che si consuma per poi ripagarlo alle casse dell’associazione, che provvederà a reintegrare le scorte.
I txoko ebbero grande fortuna sotto Franco, perché spesso hanno come regola il divieto di parlare di politica ed erano perciò visti favorevolmente dal regime, nonostante spesso ci si parlasse in basco, che era ufficialmente vietato.
Ironia della sorte, essendo oggi l’otto marzo, tradizionalmente l’accesso è vietato alle donne. Ormai in gran parte delle sociedad questo divieto non è più in vigore (noi ne avevamo tre al tavolo), anche se mi dicono che spesso alle donne non viene comunque permesso entrare in cucina.
Ciao! Lo vuoi un biscotto? (Questo sito c'ha dei cookie, credo. Di certo c'è una privacy policy da qualche parte) Oh, grazieLeggi
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