Avete presente quei pacchi di pasta colorata orribile, con fogge improbabili, che si vendono a cinque euro al pacco a ignari turisti di ogni città famosa d’Italia?
Beh, a quanto pare all’estero c’è la versione “buona”…
Avete presente quei pacchi di pasta colorata orribile, con fogge improbabili, che si vendono a cinque euro al pacco a ignari turisti di ogni città famosa d’Italia?
Beh, a quanto pare all’estero c’è la versione “buona”…
Ho trovato un altro canale interessante girando per Youtube, ve lo posto qui sotto. Ovviamente parla di costruzione di barche.
Al di là dell’idea figa per fare una vite con la sega a nastro, ho scelto questo video come esempio del canale per il seguente passaggio (min. 2:01), che mi ha molto divertito:
[This thing] is called ‘book’ and it works just like the Internet but with no wi-fi.
In the back of it there is a thing called ‘index’: It is like Google but with more accurate results.
Oggi ho messo la mia prima tavola sul San Juan.
Che cos’è il San Juan non ve lo sto neanche a spiegare, vi posso però fare una scaletta del lavoro che comporta mettere su una tavola come questa, relativamente piccola (è lunga meno di 4m, alta 25cm e spessa 2,5cm), così vi fate un’idea…
Una passeggiata…
Da casa mi fanno sapere che il gioco del toka, di cui vi avevo raccontato in precedenza http://acquastanca.eu/2019/03/18/toka/ assomiglia molto al “gioco della rana”.
Un po’ più complesso, consiste sempre nel lanciare dischi di metallo, ma anziché contro una barra, centrando i buchi difesi da vari ostacoli. Ovviamente centrare la rana dà più punti di tutti.
A quanto pare lo conoscono anche in Spagna, ma nella mia rapida indagine online ho letto che forse è di origine inglese (ma se ne giocava uno simile nell’antico Egitto, perciò chissà). http://www.latanguilla.com/la-rana/
Ho un po’ di raffreddore, ma non potevo resistere a un’uscita a vela in un fine settimana di sole così!
Ovviamente siamo stati avvistati perché belli-belli in modo assurdo [cit.]!
Stavolta abbiamo usato “Mesquer”, barca basca chiamata così perché costruita alla Skol ar Mor, a Mesquer appunto (Francia), per una sorta di gemellaggio con Albaola, che ne ha costruito la gemella, battezzata infatti “Pasaia”). http://www.skolarmor.fr/
Oggi sono venuti a trovarci quelli della Piher, ditta produttrice di morsetti che sponsorizza la costruzione del San Juan con cinquemila euro di materiale all’anno per tre anni (abbiamo appena fatto il terzo ordine con grande gioia, perché com’è noto nel mondo dei costruttori di barche “non si possono mai avere troppi morsetti”).
Che ve ne frega a voi? Beh, abbiamo fatto una bella foto di gruppo!
Mi sono preso una settimanina di vacanza approfittando dei giorni in cui Albaola era chiusa per Pasqua e con Rita ci siamo incontrati a metà strada. Grazie al ritrovato Giorgio abbiamo anche avuto un posto dove stare senza dover contribuire alla piaga di AirB&B! http://acquastanca.eu/2019/04/11/giorgio/
Raccontare tutto per filo e per segno non ha molto segno, ma ci sono alcune cosette che volevo postare.
Innanzitutto il scontro culturale coi treni spagnoli. Le ferrovie qui hanno una rete notoriamente poco estesa (tra l’altro con scartamento diverso dal nostro: https://en.wikipedia.org/wiki/Iberian-gauge_railways) e ci sono pochissimi treni a lunga percorrenza. Io ho preso un ALVIA, che non è l’alta velocità AVE, ma piuttosto un nostro Intercity.
Ciò che è stato sconvolgente non sono tanto le dimensioni microscopiche della stazione di Donostia (che non è mica piccola come città, in fin dei conti) o il fatto che in tutto il pomeriggio da lì sarebbero partiti solo tre treni “seri” (non del trasporto locale, insomma). Piuttosto il fatto che per salire sul treno c’è da fare il check-in.
Mezz’ora prima della partenza apre il “gate”, e devi presentarti con biglietto e documento d’identità (a Barcellona siamo pure passati dal metal-detector, perché è una stazione molto più grande). E anche se adesso anche in Italia in certe stazione ai binari puoi accedere solo mostrando il biglietto (v. Milano Centrale), questo metodo mi sembra un po’ delirante, perché ovviamente c’è sempre una coda infinita.
Lungo la strada, ho provato a fare una foto ogni mezz’ora, ma èm stato un mezzo fallimento: venivano tutte mosse e poi si è fatto buio (sono sei ore di treno da qui a lì).
Qualcosa è venuto fuori… di certo si vede che il paesaggio cambia parecchio, che era un po’ l’obiettivo di ‘sta cosa:
Ma una volta arrivato a Barcellona cosa ho visto?
Due righe le merita la festa di Sant Jordi, patrono della città. Tradizionalmente gli uomini regalano una rosa alla propria amata e le donne un libro. Adesso per parità di genere si preferisce regalarsi entrambe le cose. https://www.barcelona.cat/ca/santjordi
Con questa scusa la città si trasforma in un enorme festival di letteratura: ci sono banchetti di libri usati ovunque e presentazioni di libri con gli autori. Ma anche le librerie della città hanno le loro bancarelle nel quartiere e inutile dire che ci siamo salassati.
Potevamo andarcene senza vedere la Pasqualetto? Certo che no.
Un metodo facile e veloce per fare caviglie di legno (non so come si chiamino in basco, scusate).
E niente, mi stavo leggendo la newsletter di Atlas Obscura https://www.atlasobscura.com/newsletters e ho scoperto che i ristoranti baschi negli Stati Uniti are a thing.
A quanto pare gli immigrati baschi, che si occupavano principalmente di pastorizia (occupazione poco ambita perché poco remunerata e senza necessità di conoscere bene l’inglese) passavano la stagione invernale “svernando” in questi hotel a gestione basca, che gli facevano anche da interpreti per le varie incombenze e permettevano a persone che facevano un mestiere molto solitario di socializzare con fellow expats.
Durante la seconda guerra mondiale la richiesta di lana aumentò, e per i pastori baschi era molto facile ottenere un visto per gli Stati Uniti, grazie agli stretti legami tra il senatore del Nevada Pat McCarran, fortemente anti-comunista, e il regime di Franco. Uno riceveva manodopera a basso costo, l’altro si liberava di poveracci che non ne volevano sapere di essere assimilati dallo stato centrale spagnolo.
La cucina ormai non ha più nulla a che vedere con quella di qui (anche perché, banalmente, non là c’è il mare). Però qualcosa rimane, per esempio un drink a base di amaro Picon, un tempo celebre nei Paesi Baschi di cui io qui non ho mai sentito parlare. https://en.wikipedia.org/wiki/Picon_(ap%C3%A9ritif)
https://www.atlasobscura.com/articles/basque-restaurants-nevada
Ieri sera siamo andati al Pandora (ex Recalde), bar ora a Gros, quartiere “periferico” di Donostia. A parte il fatto che i proprietari regalano agli stranieri dei piccoli opuscoli con parole ed espressioni tradotte dal basco in altre quattro o cinque lingue, è un posto in generale molto carino.
Ieri poi era pintxo pote da loro (di solito è giovedì negli altri bar). Sarebbe l’equivalente dell’happy hour: una coca e un pintxo per 2€. Il pintxo da solo costa 2,20€ normalmente… Fate vobis.
In ogni caso, eravamo lì a chiacchierare – come al solito in almeno tre lingue diverse alla volta – quando una ragazza ci ha chiesto se avevamo una sigaretta e perché parlassimo così tante lingue insieme.
Le abbiamo detto che siamo di Albaola (“World carpenters unite!”) e lei ci fa: “ah, ma noi avevamo una vecchia barca che è rimasta per anni chiusa in un magazzino perché l’ormeggio costava troppo e alla fine l’abbiamo regalata ad Albaola…”
-“Per caso si chiamava Lander?” .-“Sì!”
Grande entusiasmo generale.
In pratica abbiamo beccato assolutamente a caso la nipote del proprietario di una barca su cui stiamo lavorando noi dell’Aprendiztegi come “side project”, diciamo.
Manuel, che era con noi ieri sera, fa un po’ da capo-cantiere ed è quello che lo sta seguendo di più, ma un po’ tutti ci stiamo alternando a grattare la vernice, calafatare, stuccare e ora ripitturare.
Ovviamente l’abbiamo invitata a venire a vedere i lavori. Speriamo in un varo a breve, ché sta iniziando la bella stagione!