Se cercate “Ikatz kalea” sulla mappa di Donostia non la trovate. Troverete invece “calle Juan de Bilbao”, che è il suo nome attuale. Prima si chiamava “via del carbone” per le rivendite di carbone che erano concentrate lì e la gente, semplicemente, continua a usare il vecchio toponimo. Oggi, come quasi in tutta la Parte Vieja, ci sono principalmente bar.
Come si può già intravedere dalla foto qui sopra che ho trovato su internet, la via è molto “politicizzata”. Pur essendo molto corta, ha un’alta concentrazione di locali “per baschi”, ovvero non orientati verso i turisti. Come in tutta la città, si vedono bandiere ai balconi che dicono “Presoak etxera” (ci torniamo) e manifesti abusivi ai muri, forse in maggior quantità che altrove. Per non parlare dei semiperenni striscioni.
“Etxera” è una delle prime espressioni che il visitatore impara, insieme al profilo del Paese. Significa letteralmente “a casa” (moto a luogo) e indica quella che mi pare essere la principale lotta politica al momento qui nei Paesi Baschi. L’ETA non esiste più, ha cessato la lotta armata solo nel 2011 e fu sciolta ufficialmente nel 2018. Insomma, è storia recente-recente. https://it.wikipedia.org/wiki/Euskadi_Ta_Askatasuna
Eppure un estraneo come me non percepisce strascichi. Sarà che non parlo basco, sarà che non sono bene (leggi: per nulla) addentro alle dinamiche politiche locali. Fatto sta che uno si immagina che la lotta armata finita da meno di dieci anni (con oltre 800 vittime, di cui 341 civili) lasci qualcosa di più di qualche manifesto sui muri. E infatti…
La bandiera che si vede su praticamente ogni palazzo della città, porta uno slogan riprodotto anche su adesivi, graffiti e manifesti sparsi ovunque (ho visto il logo perfino stampato sui tovagliolini di un bar). Il senso del messaggio è la richiesta di far rientrare nei Paesi Baschi (a volte si chiede l’amnistia, a volte solo il rientro alle carceri locali) i prigionieri cosiddetti “politici”, ovvero in qualche modo legati al terrorismo dell’ETA.
La politica dello stato spagnolo infatti è sempre stata quella di mandarli “al confino”, imprigionandoli in carceri disseminate per tutta la Spagna (il più lontano possibile, fondamentalmente), facendo in modo che fosse più complicato per i vari membri dell’organizzazione comunicare con chi era fuori di prigione. Di fatto gli unici tre su territorio basco sono malati gravi.
Questo però fa sì che siano difficoltose anche le comunicazioni coi famigliari, che sono i principali promotori di questa iniziativa (lotta?). I manifesti con le facce che si vedono sui muri della città raffigurano solitamente prigionieri di cui viene richiesto il rilascio o il trasferimento.
Ebbene, l’altra sera durante i festeggiamenti eravamo alla fine di calle Ikatz, proprio all’angolo con l’altra strada. Appena fuori c’erano un paio di furgonette della polizia basca con gli agenti che se ne stavano a “distanza di sicurezza” dalla calle in questione.
Ci siamo messi a guardare uno dei manifesti con tutte le fototessere dei prigionieri, immaginandoci quali potessero essere le loro professioni giudicando dalle loro facce. Insomma, visti da fuori eravamo un gruppo di ragazzi ubriachi (nessuno basco) che indicava il manifesto e rideva.
A un certo punto alle spalle ci arriva un ertzaina, ci fa “‘sera”, allunga la mano e senza dire altro strappa il manifesto dal muro, lo appallottola e se ne va, gettandolo nel cestino.
Ci siamo rimasti tutti molto di merda.
Non abbiamo capito bene cosa è successo, ma dopo averci riflettuto e discusso a lungo siamo giunti alla conclusione che il poliziotto non voleva problemi. Magari era quasi a fine turno, o magari sono non aveva cazzi di veder scoppiare una rissa, così quando a visto che ridevamo delle facce dei prigionieri ha pensato che fosse meglio farci capire che non era il caso di farlo, soprattutto non in quella specifica calle.
Però diciamo che ci siamo abbastanza raggelati. E qui ho capito che forse la situazione non si è ancora proprio del tutto-tutto calmata.